L'intervista realizzata al presidente di Rondine da Gigliola Alfaro per il SIR (Servizio Informazione Religiosa) il 13 agosto 2014

 

“Le parole del Papa sulla situazione in Iraq, in particolare sui bombardamenti, vanno nel segno di una riformulazione sempre più attenta dei Pontefici riguardo alle nuove situazioni che si vengono a creare. Il centenario della prima guerra mondiale è anche una grande occasione per rivedere come in cento anni si è mutata completamente la fisionomia delle guerre, che sono di una tipologia così variegata che richiede un ripensamento sui tipi di intervento”. Lo dice al Sir Franco Vaccari, presidente dell’Associazione Rondine Cittadella della Pace. “Il Papa ha detto che, da una parte, bisogna fermare l’aggressore e, dall’altra, che questo alt all’aggressore non venga utilizzato per nuove guerre di conquista: è un’affermazione netta e precisa”, afferma Vaccari, che ricorda come il Pontefice abbia manifestato “la necessità di un protagonismo delle Nazioni Unite e, io aggiungerei, anche dell’Europa, anche se in termini diversi. Tutto ciò che mette insieme il multilateralismo nelle crisi locali sempre più gravi e sanguinose è da rafforzare. Perché una sola potenza, come dice il Papa, non può decidere: lo vediamo con gli ultimi due anni della gestione Obama, che mostrano un atteggiamento non sempre lineare. Non possiamo affrontare le crisi a seconda degli interessi di politica interna degli Stati Uniti. Lo stesso dicasi della Russia con la crisi in Ucraina”. 

 

Per Vaccari, “le Nazioni Unite devono essere più precise, più ‘interventiste’”. Il Papa rispondendo a un’altra domanda ha evidenziato come ci sia “un mondo in guerra”: “Oggi va la bomba e ti ammazza l’innocente con il colpevole”, ha osservato il Pontefice. “L’esaltazione della tecnologia è stata tra gli elementi di tragedia già nella prima guerra mondiale – dichiara il presidente di Rondine -. Da allora la tecnologia al servizio della guerra è aumentata in maniera spropositata, ma abbiamo visto come la microchirurgia in guerra o le cosiddette bombe intelligenti creino disperazione e morte. È una frontiera illusoria. In questo senso penso vada accolto con grande positività l’intervento di Papa Francesco: il bombardamento è sempre causa di sterminio di massa”. Rimane, però, “il grande punto interrogativo di quali siano i mezzi con cui la comunità internazionale deve fermare l’aggressore. Perché anche questo è un punto assoluto: non si può essere inermi, cinici o indifferenti. L’opinione pubblica deve muoversi e ogni ora che passa può rappresentare una vita umana che si può salvare o viene persa”. Le strategie da mettere in campo “devono tenere in conto che l’Iraq e tutta la zona sono un immenso focolaio. Inoltre, sullo scenario vediamo mutare le forze in campo: i curdi e i peshmerga sono oggi ripensati dalla politica internazionale in una chiave completamente diversa”.
Non solo: “È chiaro che, in termini teorici, i bombardamenti funzionano fino a un certo punto, poi servono le forze di terra per fermare gli aggressori e presidiare le popolazioni perché gli stermini non avvengano più. Allora, bisogna lavorare sempre con le forze in campo. Anche qui c’è da augurarsi che la politica internazionale scelga delle forze sulle quali si possa investire in maniera più duratura. Negli ultimi dieci anni si è visto che ci sono stati degli investimenti tragici: basti pensare alla Siria”. Il Papa ha anche detto che “la tortura è un peccato contro l’umanità”: “Queste cose bisogna ridirle, come ha fatto Francesco – commenta Vaccari -. Anche la storia recente, con Guantanamo o il carcere di Abu Ghraib, mostra la palese contraddizione di uno Stato che riafferma nella sua Costituzione il valore dei diritti umani inderogabili e poi li contraddice palesemente in termini di ragion di Stato come abbiamo visto. Occorre riaffermare che i diritti umani sono la sponda invalicabile e non c’è nessun argomento che consenta di mettere tra parentesi questa sostanziale dimensione della vita personale e dei popoli. Se si fanno delle eccezioni siamo di nuovo nella barbarie. E poi la paghiamo perché la storia presenta sempre il conto e, con la velocità di oggi, più prima che poi”.
 
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